Gli scivoloni borsistici degli ultimi giorni hanno creato tante ghiotte occasioni per chi ha molti soldi da far fruttare.
Che si prepari una nuova colonizzazione economica che caratterizzerà gli anni futuri?
I libici puntano anche al 2% dell'Eni
"La quota di capitale Eni di cui sono in possesso i fondi sovrani libici, che in questo momento si aggira sullo 0,7%, dovrebbe essere aumentata nei prossimi giorni fino a sfiorare il 2%, la soglia che fa scattare l'obbligo della comunicazione alla Consob. A questo livello di partecipazione, osserva una fonte, in base allo statuto dell'Eni, un'azionista ha il diritto di sottoporre al voto dell'assemblea una lista di amministratori."
UniCredit: giovedì i libici incontrano i soci italiani
"I banchieri del colonnello Gheddafi che hanno pilotato l'ingresso di Banca centrale libica, Lybian Investment Authority e Lybian Foreign Bank in UniCredit sono attesi a Milano giovedì [...] La richiesta di un posto in consiglio sarà uno dei temi in discussione durante la cena [...] i libici vorrebbero che nel Cda dell'istituto di credito fosse cooptato nel ruolo di vicepresidente il governatore della loro banca centrale."
Fondi sovrani, Frattini strappa una promessa agli emiri
"Il fondo sovrano di Abu Dhabi, Adia (Abu Dhabi Investment Authority), è pronto a investire sull'economia italiana. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha incontrato oggi nella capitale degli Emirati i vertici del maggiore fondo sovrano del mondo, dai quali ha avuto la rassicurazione che l'Italia è entrata (da poco) nella sfera di interesse dell'organismo statale del paese del Golfo dove confluisce buona parte del surplus petrolifero destinato ad essere investito nel mondo (ad oggi può contare su un patrimonio di quasi 900 miliardi di dollari).
[...]
Frattini ha annunciato che a breve una delegazione di Adia verrà in Italia per incontrare il Comitato strategico per l'interesse nazionale in economia, la task force di 12 esperti costituita da pochi giorni dai ministeri degli Esteri e dell'Economia per attrarre gli investimenti di Paesi amici (non si può dire altrettanto di Singapore, con il fondo Temasek, e Cina) e cercare per quanto possibile di tenere alla larga quelli sgraditi, specie in settori sensibili, come l'energia, la difesa e le telecomunicazioni."
Sembra tanto un inizio di colonizzazione economica, il mercato sta cambiando baricentro e il governo non ha la forza economica per reagire, così prova a scegliere gli amici, come sei in economia ce ne fossero, e Frattini strappa una promessa:
"In ogni caso saranno privilegiati e favoriti quei fondi sovrani che assicurano condizioni di trasparenza e che vogliono entrare con quote di minoranza, come ha assicurato Adia, che - come si diceva - ad oggi in Italia ha solo il 2 per cento di Mediaset, e non intende salire mai sopra la soglia del 5 per cento, come ha fatto in Citicorp."
Frattini "Non possiamo impedirvi più di tanto di entrare in tutte le nostre aziende strategiche, ma per favore compratele solo poco-poco, vi prego!"
Sceicco: "Certo, Franco, stai tranquillo! Parola di speculatore!"
lunedì 20 ottobre 2008
Stanno Arrivando... o sono già arrivati?
lunedì 15 settembre 2008
Il miracolo dei mutui rinegoziati
Tremonti, il genio della finanza creativa, ne ha elaborata un’altra delle sue risolvendo il problema dei mutui che soffocano le famiglie e creando milioni di euro per le banche.
Applausi.
Si sta parlando ovviamente della possibilità di rinegoziare i mutui a tasso variabile, trasformandoli in tasso fisso in modo da mettersi in salvo dalla congiuntura economica negativa.
Il tasso fisso sarebbe determinato da una media dei tassi del 2006: un miracolo! La rata torna indietro di 2 anni.
Peccato che nessuno regala niente, tanto meno le banche, quindi la differenza tra la nuova rata fissa e quello che si sarebbe dovuto pagare con il vecchio mutuo viene poggiata su un conto accessorio che andrà di mese in mese aumentando o diminuendo di valore a seconda dell’andamento dei tassi di interesse.
Ovviamente anche all’importo depositato su questo conto viene applicato un tasso di interesse: mica si lavora gratis!
A fine mutuo ci si troverà a dover rimborsare anche questa differenza, con rate costanti di importo pari alla rata fissa determinata.
Facciamo un esempio reale preso dalla lettera informativa speditami dalla banca e ipotizziamo che i tassi rimangano come sono oggi, solo per rendere esemplificativo il calcolo.
Importo originario del mutuo: 132000
Finanziato in 30 anni a tasso variabile. Rate residue 326.
Tasso iniziale (novembre 2005): 3,10 %
Tasso attuale: 6,050%
Rata attuale: 773,4
Tasso medio del 2006: 3,825%
Rata fissa secondo la convenzione ABI-MEF: 616,94
Differenza tra rata originaria e rata fissa: 156,45
Vuol dire che se accettassi la proposta di Tremonti, ogni mese verrebbero messi a debito sul mio conto accessorio 156,45 euro.
Tasso del conto accessorio: IRS + 0,50%
Ad oggi 5,50%
Diciamo che accetto la proposta del ministro creativo.
326 (rate residue) x 616,94 (rata fissa) = 201122,44 (capitale + interessi pagati)
Mi troverei tra 27 anni ad aver pagato solo 69122 euro di interessi su 132000 di finanziato. Un bel vantaggio rispetto al mio destino con la rata variabile.
Peccato che il mio conto accessorio nel frattempo si è gonfiato a dismisura.
156,45 (differenza mensile tra le rate) x 12 = 1877,52
Ai 1877 euro differenza che ogni anno andrebbero ascritti a debito del conto accessorio, vanno applicati gli interessi del 5,50%.
La cosa geniale è che questi interessi vengono applicati a degli importi derivanti già da altri interessi applicati al finanziamento.
Al termine del pagamento del mutuo mi troverei debitore di ancora 112049,26 euro.
Poco meno di quello che avevo finanziato 27 anni prima!
La banca calcola che questo importo dovrà essere pagato in 391 rate (32 anni), secondo un piano d’ammortamento al tasso di interesse più vantaggioso tra quello del conto accessorio o un tasso fisso contrattualmente stabilito.
Questo vuol dire che mi ritroverei indebitato per altri 32 anni e che probabilmente sarebbero i miei figli a finire di pagare il mutuo per la mia prima casa!
Inoltre:
391 (rate previste) x 616,94 (importo della rata) = 241223,54
che se lo andiamo a sommare a quanto già pagato
201122,44 (capitale + interessi del mutuo) + 241223,54 (capitale + interessi del conto accessori) = 442345,98
Per finanziare 132000 euro tra 60 anni la banca avrà indietro quasi mezzo milione di euro!
Direi che è un gran colpo di un grande genio!
mercoledì 30 luglio 2008
Italia fuori dal mercato dei satelliti
A sottolineare il declino italiano ecco una notizia di oggi riportata da Repubblica.it: l'Italia esce dal mercato ricco e promettente dei satelliti commerciali, tra gli uomini autori della disfatta troviamo un volto familiare.
Si parla di satelliti "che sono in grado di trasferire miliardi i segnali televisivi e che si stanno attrezzando anche per trasmettere dati Internet", quindi è facile capire l'importanza del settore rispetto a, che so, il satellitare terrestre. "Un mercato che cresce in modo esponenziale, che già presenta un giro d'affari di 8,5 miliardi di dollari e che interessa 75 milioni di consumatori.
[...]al satellite non ha rinunciato nessuno, anche i paesi minori. Motivi strategici o altro. Così la società turca, Turksat, ha due satelliti geostazionari in orbita, la Spagna ha la sua Hispasat con sei satelliti, la Svezia, la Norvegia, l'Olanda e l'Egitto non sono da meno. Senza contare arabi, cinesi e brasiliani. Tutti hanno il proprio satellite."
Scorrendo l'articolo si portano alla memoria giorni in cui l'Italia era uno dei punti di eccellenza dell'Europa, non in tempi troppo remoti: "Un po' come accade per il Moplen di Giulio Natta, gli esordi del nucleare e i prototipi dei computer, anche con il satellite fummo i primi in Europa: era il 1964 e il gruppo creato all'Università di Roma da Luigi Broglio sparò nello spazio il San Marco 1, prima c'erano riusciti solo russi e americani."
Ma questo business per qualcuno forse non appariva strategico, e così si scopre che "quando la Stet fu trasformata in Telecom e passò nelle mani di Tronchetti Provera la storia dei satelliti italiani arrivò al capolinea: nel 2001 il 20,4 per cento di Eutelsat - attualmente di proprietà franco-iberica - fu venduto alla Lehman Brother. Ed oggi nessun capitale italiano sta nel business di "quota 36 mila" ".
Applausi per M.T.P.
lunedì 17 marzo 2008
Mutui Subprime
Si è parlato molto della crisi dei mutui subprime che ha colpito gli U.S.A., ma probabilmente non tutti sanno davvero di cosa si tratta.
Credo sia interessante fare luce su questo argomento, aiutandoci con wikipedia:
“I subprime, o "B-Paper", "near-prime" o "second chance" sono quei prestiti che vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore. I prestiti subprime sono rischiosi sia per i creditori sia per i debitori, vista la pericolosa combinazione di alti tassi di interesse, cattiva storia creditizia e situazioni finanziarie poco chiare, associate a coloro che hanno accesso a questo tipo di credito.”
Lo scenario è abbastanza chiaro: coloro che per qualsiasi motivo hanno la fedina creditizia non troppo pulita hanno comunque bisogno di credito, così determinati istituti accettano il rischio di prestare loro soldi ma a condizioni decisamente più onerose per il debitore.La regola generale è che ad un determinato rischio deve essere associato un premio adeguato.
In questo caso il rischio è costituito da un debitore inaffidabile, molto spesso con alle spalle difficili problemi legali o personali.
Ci sono diversi strumenti che sono definibili come subprime per esempio mutui, prestiti, ma anche carte di credito.
I mutui subprime hanno una diffusione più ampia di quanto si creda (negli stati uniti si attesta sul 21%).
“Parte delle potenziali sofferenze sono state ribaltate in crediti cartolari, obbligazioni "garantite" da mutui subprime ad alto rischio di insolvenza che gli istituti di credito hanno venduto ai risparmiatori, o collocato direttamente nel portafogli dei loro fondi di investimento. “
In pratica gli istituti di credito si sono inventati un sistema geniale per evitare sobbarcarsi il rischio di questi rischiosi mutui: li convertono in obbligazioni.
Con le obbligazioni l’investitore compra una quota di debito a fronte di un pagamento periodico di interessi e, alla scadenza, del capitale.
Peccato che in effetti, né il capitale né gli interessi di queste obbligazioni, sono garantite perché si rischia facilmente l’insolvenza dei debitori subprime.Queste obbligazioni poi sono anche inserite, più o meno silenziosamente, in fondi di investimento liberamente scambiati nel mercato.
La situazione è precipitata con l’aumento dei tassi di interesse, da parte delle banche centrali, e la diminuzione del valore delle case: sempre più debitori non sono stati in grado di pagare e le banche non erano nemmeno in grado di rivalersi appieno su ipoteche spesso gonfiate.Le obbligazioni collegate a questi mutui, di conseguenza, erano carta straccia.
“Gli osservatori della crisi hanno evocato precise responsabilità. Molti hanno sottolineato le pratiche predatorie dei prestatori subprime e la mancanza di una effettiva supervisione da parte delle autorità governative. Altri hanno accusato i promotori finanziari di aver indirizzato i debitori verso prestiti che non potevano soddisfare, hanno accusato i periti di aver gonfiato artificialmente le valutazioni degli immobili, e hanno tacciato gli investitori di Wall Street di aver scommesso sui titoli che incorporavano mutui subprime senza aver verificato l'effettiva solvibilità dei prestiti sottostanti.”
Il problema dei mutui va però al di là del caso dei subprime, perché il continuo aumento dei tassi di interesse negli ultimi anni ha condotto diverse famiglie a situazioni economiche drammatiche anche in Italia. Famiglie che avevano confidato in mutui a tasso variabile, fortemente consigliate dalle banche grazie ai tassi eccezionalmente bassi e che ora si trovano a pagare rate raddoppiate rispetto a tre anni fa.
“il debito pro-capite supera i 30 000 euro l'anno e nel 2007, a fronte di 3 500 000 famiglie titolari di un mutuo, i casi di insolvenza superavano quota 500 000, con altrettante procedure avviate di pignoramento.“
lunedì 10 marzo 2008
Olio di colza e cinesi

Il PIL pro-capite della città ammonta a circa 826.977 euro; lo stesso parametro per quanto riguarda la città di Milano si aggira intorno ai 30.629 euro.
Questo per far comprendere la dimensione del fenomeno cinese nell'equilibrio economico mondiale e, in proporzione, quella italiano.
La Cina oggi è solo travestita da paese comunista, ma di fatto è una vera e propria nazione capitalista che viaggia ancora verso il proprio apice.
Ma ho nominato Chongqing per citare un fatto di cronaca tra le cui righe si possono facilmente leggere risvolti sociologici che non risiedono tra i meri dati statistici.
Il 10 novembre 2007, la multinazionale francese della grande distribuzione Carrefour (seconda solo a Wal-Mart), nell’ambito dei festeggiamenti per il decennale della sua prima apertura nel paese, promuoveva l’olio di colza (di cui la Cina è il maggior produttore) con uno sconto del 20%.
Una folla immensa si è accalcata ai cancelli del centro commerciale fin dalle 4 del mattino, per conquistarsi una bottiglia da 5 litri del prodotto che dall’inizio dell’anno aveva subito rincari fino al 30%.
Alle 8.40 la folla impazzita lascia sul terreno 3 morti calpestati e 30 feriti di cui 7 gravi.
mercoledì 27 febbraio 2008
L'Inflazione reale e la Politica
Di Giuseppe Governanti :
L’ISTAT nel presentare l’indice d’inflazione del mese di Gennaio, ha, per la prima volta, parlato di “beni di alta frequenza d’acquisto”.
Abbiamo, così, saputo che dal 2002, dall’introduzione dell’euro, l’inflazione percepita dai consumatori è del 4,8. Anche se il dato non è in linea con quelli elaborati dal Codacons e dell’Adoc, rappresenta pur sempre una presa di coscienza dell’Istituto, purché non rimanga solo un dato indicativo, ma sia il primo passo per la modifica sostanziale del cosiddetto “paniere”, che determina l’inflazione sulla quale si costruiscono le leggi finanziarie e si stipulano i contratti di lavoro. I “beni di alta frequenza d’acquisto” riguardano alimentari, tabacchi, carburanti, giornali, trasporti urbani, spese d’assistenza, spese non durevoli per la casa, spese d’affitto e mutuo. Sono, insomma, spese cui una famiglia tipo (media) non può rinunciare e riguardano la sopravvivenza e la vita partecipativa.Secondo l’ISTAT, questo gruppo di beni “ha registrato un aumento superiore al tasso medio”, accettando, quindi, quanto le famiglie vanno affermando da tempo: i dati dell’inflazione sono stati sempre superiori ai dati ufficiali rilevati dall’Istat, basati su un “paniere” di beni non legato al quotidiano. Anche la “percezione” di cui parliamo è un dato non concreto perché i dati reali sono quelli toccati da chi ha l’onere della spesa quotidiana, le mamme e i papà che si recano a fare la spesa, quella che poi portano sui tavoli.
Dati più approfonditi ci dicono ancora che i beni di prima necessità, necessari a bambini e anziani, hanno subito rincari molto alti, spesso non giustificati: il pane +12%, la pasta +10%, il latte +8,7% e la frutta +4,8%. Secondo una nota congiunta di Adusbef e di Federconsumatori, “la situazione è gravissima e gli interventi per arginarla non sono più rinviabili”.
Carlo Pileri, presidente dell’Adoc, denuncia: “E’ da tempo che denunciamo l’aumento eccessivo dei prodotti a maggiore diffusione d’acquisto, rincari che costituiscono uno dei principali motivi del continuo indebolimento dei redditi e delle possibilità di risparmio delle famiglie, nonché del crescente e preoccupante indebitamento…Solo per comprare lo stesso paniere di beni alimentari, oggi si spendono duemila euro in più dall’introduzione dell’euro”.
Carlo Rienzi, presidente del Codacons, invia un esplicito invito ai politici nostrani d’intervenire: “E’ virgola deve essere attaccata alla parola che la precede. una situazione che è sempre più una crisi nazionale, verso la quale i candidati al prossimo governo dovranno prestare la massima attenzione”.
Come è ben evidente il potere d’acquisto delle famiglie con reddito fisso è sempre più eroso da un aumento dei prezzi.
Perché aumentano i prezzi? Chi deve controllare in uno Stato che, quando gli fa comodo, si dice liberista e afferma che non può far nulla? Allora, a cosa serve l’introduzione di mister prezzi?
Sono domande alle quali i politici devono dare risposte chiare e prendere provvedimenti altrettanto chiari, senza nascondersi dietro la favola pilatesca che nel libero mercato lo Stato non può intervenire, né invitare i cittadini a girare per il mercato prima dell’acquisto, di berlusconiana memoria.
E’ ora che i nostri dipendenti si rimbocchino le maniche e si guadagnino lo stipendio, perché una situazione di precarietà e insicurezza, se non contrastata con provvedimenti d’equilibrio, può avere serie ripercussioni sull’ordine pubblico.